10.  URAGANO              
       
 di Livio Ferrari

Mi piace misurare il tempo con il palmo delle mani
in un giorno così
dove il sole ti sorprende e ti nasconde
in un mondo così
e sono parole, gesti e inutili abluzioni i sogni
dietro ad una porta che si apre sulle fatalità

E’ un uragano che scoppia tra le tempie e il cuore
da un telefono così
sono macerie e fendenti di coltello
telefonate così
e non è ingombro e rumore di foglie sotto i piedi
è piuttosto lo sgomento del sentimento che va

Dove porta questa dolce strada che ho imboccato
dove mi condurrà?
Dove mi lascia la tempesta del tuo amore
dove mi affonderà?
Non ho più argomenti per affrontare il disastro
solo un numero infinito di tormenti per morire qui
E’ sorpresa stare dentro questa storia
che non ha un perché
nei rumori del traffico la tua voce che parla
e non so cos’è
che mi confonde gli anni e lo spazio e mi fa difficoltà
che mi lascia solo il tempo di pensare e non andare via

E’ una malattia che raschia nella pelle
come lenta solitudine
assieme a un’improvvisa pioggia
che fa più male
bisogna ridestarsi tutto d’un fiato, se necessario ballare sulle punte
ubriacarsi di folate di vento per essere liberi ancora

E questa sera che mi stringe di carezze e luci
in questa strada così
dove l’odore di castagne entra nelle ossa
in manciate di umidità
e insieme a file di insegne che si spengono alla fine della giornata
resta la quiete, il sentimento e la fantasia da una telefonata così