“IL TRATTAMENTO APPARENTE” - Ed. SEAC, Roma, 1999 Interventi di: Rita Barbera - Don Oreste Benzi - Don Ettore Cannavera - Giuseppe Certomà - Franco Corleone - Padre Angelo Di Giorgio - Livio Ferrari- Rasaria Furlotti - Amelio Gsheider - Giovanna Gioia - Elisabetta Laganà - Francesco Maisto - Alessandro Margara - Margherita Marras - Patrizia Patrizi - Luisa Prodi - Roberto Raviola - Eligio Resta - Don Daniele Simonazzi - Padre Vittorio Trani. |
E’ una sensazione, purtroppo diffusa, che i volontari impegnati nella giustizia siano un ibrido tra gli idealisti e i sognatori, che è poi una delle possibili spiegazioni per comprendere un impegno da cui non si sottraggono, la costante attenzione e pazienza che profondono nell’intervento rivolto specialmente alle persone detenute. E’ altresì emblematico constatare la caparbietà e costanza che hanno nell’indicare, quasi mai ascoltati, ciò che non va o non è pertinente in questo settore. Da anni, tra l’altro, continuano a porre l’accento sulla ridotta utilità della risposta detentiva per ciò che concerne il recupero sociale delle persone carcerate, e il reinserimento che di conseguenza diventa soprattutto una dichiarazione di intenti e una scommessa vinta poche volte. In occasione del trentaduesimo convegno nazionale, questo Coordinamento ritiene necessario che sia fatta chiarezza sullo stato di investimento e realizzazione delle politiche del trattamento negli istituti penitenziari italiani. Questo perché quotidianamente, da troppo tempo, si è spettatori di tanti e tali ostacoli a che trovino efficacia le energie profuse per alimentare speranze di meno carcere e un futuro diverso e dignitoso per le persone condannate e incarcerate, che anche gli sforzi del volontariato risultano spesso vani o comunque poca cosa rispetto alle necessità devastanti di questa umanità reclusa.
Le motivazioni che si possono addurre all’attuale stato di cose sono molteplici, e l’emorragica mancanza di operatori del trattamento negli istituti è una specie di queste. Si somma ad un momento problematico anche per le difficoltà di organico e formazione che condiziona la polizia penitenziaria, non ultima la diminuzione degli investimenti economici, mai per la verità troppo dispensati, e in questi ultimi anni ridotti ancor più a causa di una politica di rigore per la nota querelle dell’euro. Ma la preoccupazione che ci assale, pur nella comprensione delle confluenze temporali di molti problemi che si sono sommati, è in relazione al fatto che ogniqualvolta si evidenziano le contraddizioni di un trattamento divenuto praticamente «apparente», la risposta istituzionale tende a minimizzare la faccenda non facendo intravedere a tutt’oggi segnali che indichino il desiderio di ricercare altre soluzioni per ovviare all’attuale situazione.
Siamo convinti che la realtà deve essere sempre affrontata con coscienza e senza mistificazioni, perciò le convergenze negative e i conseguenti impedimenti devono essere superati attraverso un impegno che confronti ed accomuni tutti coloro che sono coinvolti nella pratica trattamentale, per arrivare a soluzioni che non dipendano solo da fredde risposte burocratiche ma che finalmente vengano attinte dal territorio. Non trova quindi giustificazione l’attendere oltre per dare risposte che vadano a vantaggio di tutta la collettività, quale chiaro segnale di una società più sana e sempre in cammino, nella tensione di realizzare una esistenza che navighi sulle onde della pace e della giustizia.