PERCHE' ABOLIRE IL CARCERE
Le ragioni di "No Prison"
(Apogeo Editore, 2021, pagg. 108, € 15)
RECENSIONI
- IL GAZZETTINO del 21.5.2021
- RETI SOLIDALI del 09.06.2021
- IL MANIFESTO del 15.06.2021
- IL RIFORMISTA del 17.06.2021
- RAI TG3 del 21.06.2021
- IL POSTO DELLE PAROLE del 19.08.2021
PRESENTAZIONI
- 26/01/2024 a Padova
- 29/03/2023 a Roma
- 06/12/2022 a Rovereto (Tn)
- 17/03/2022 a Roma
- 04/03/2022 a Sondrio
- 03/03/2022 a Calolziocorte (Lc)
- 16/12/2021 a Adria (Ro)
- 09/10/2021 a Firenze
- 29/08/2021 a Padova
- 22/08/2021 a Recanati (Mc)
- 17/07/2021 a Adria (Ro)
- 17/06/2021 a Rovigo
- 20/05/2021 a Bologna
La prigione umilia, annulla, stigmatizza e impone il dolore, la sofferenza, è crudeltà, crea la mancanza di responsabilità verso il proprio comportamento e aumenta la pericolosità di tutti coloro che vi transitano, che diventano a loro volta moltiplicatori irreversibili e potenziali della violenza ricevuta. Il carcere ha una funzione falsa e puramente ideologica, perché finge di controllare, evitare e prevenire i reati, mentre li produce e riproduce, con effetti e livelli di sofferenza ben peggiori della maggior parte dei reati perseguiti dai condannati, per i quali viola sistematicamente i diritti fondamentali. Il carcere evoca l’annientamento del “criminale” che spaventa e fa passare il messaggio che quelli in libertà possono essere innocenti, mentre quelli imprigionati sono certamente colpevoli. Questo vale soprattutto per gli extracomunitari e i poveri che sono i più arrestati e reclusi rispetto al resto della popolazione, al punto che produce nella gente la convinzione che sono coloro che commettono più crimini. Il carcere è considerato come un male necessario, nella mancanza di coscienza e conoscenza in generale, senza alcuna consapevolezza che provoca più problemi di quanti ne risolve. Sembra non possa esserci alternativa ad esso, mentre è necessario progettare la sua abolizione e sostituzione con forme diverse di gestione degli illeciti. L’abolizione della prigione non è un’utopia. Il carcere è barbarie, in quanto vendicativo ed incurante della reale esperienza delle persone, strumento dell’antica retorica del castigo. È necessario mettere in discussione la costruzione che il diritto penale produce degli atti illeciti, che sta a fondamento delle pene detentive, per operare un salto di paradigma, che conduca ad una conoscenza oggettiva dei fatti perseguiti e di chi li pone in essere, nell'ottica della reintegrazione e della ricostruzione dei legami sociali. Continuare a sostenere il sistema carcerario significa in fondo autorizzare la pratica della vendetta di Stato e della sua violenza, con l’imposizione del dolore e della sofferenza ai ristretti. Non vi è alcun motivo di credere che lo spettro della prigione ridurrà la criminalità, è pertanto assurdo ritardare la ricerca di soluzioni di non carcere.
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